La mia produzione artistica deriva dall'osservare ed indagare i sentimenti, la parte invisibile e spesso trascurata dell’essere umano: le pulsioni, le paure, i pensieri, le ansie, le gioie, cercando di elaborare forme e colori che possano rappresentarle, essendo ben conscio della difficoltà e forse della “lucida follia” di una simile ricerca. Al pari osservo le dinamiche della società in cui viviamo, di come i rapporti sociali plasmino l’individuo e della difficoltà certe volte di adeguarvisi. Sin da bambino, figlio di due mondi per certi aspetti antitetici, ricerco la simmetria degli opposti, come metafora della vita con l’unicità propria di ogni individuo, contrapposta al modello unico dilagante.

Grande amante della tecnologia di cui ormai seguo l’evoluzione da più di trent’anni, affascinato dalle enormi possibilità che offre anche in campo artistico, prediligo, nella produzione artistica, tele e colori, la materia. Vedo nella smaterializzazione spinta che impregna la vita dell’homo technologicus, una sua disumanizzazione, la strada che porterà l’uomo ad essere dominato dalla tecnologia da lui stesso creata.

Sono sempre stato attratto da figure come il quadrato il cerchio, il triangolo, così come dalle linee e dai colori, dalle varie forme artistiche e dalla loro evoluzione. Traggo ispirazione dalle forme che mi si disegnano nella mente mentre vivo la vita, quando osservo quello che mi sta intorno, quando cammino nella natura e sulle montagne vicino a dove vivo, tutto ora mi offre degli spunti "geometrici". Esploro anche altre forme di espressione artistica, trovo interessante e mi incuriosisce il contrasto tra le forme rigorose e i pattern geometrici con l'irregolarità e l'imprevedibilità della creazione di opere non geometriche. Oltre a servirmi principalmente dei colori tradizionali, la mia curiosità mi ha portato ad utilizzare varie modalità e strumenti ed esplorare tecniche diverse come il collage, combinandole con diversi materiali come nastri di carta, pastelli, pennarelli acrilici o industriali, biro Bic (mi ricordano mia mamma quando correggeva i compiti dei suoi alunni a casa) per creare ciò che ho in mente. Linee e forme geometriche continuano ad essere centrali nella mia produzione artistica (ricordo del lavoro di mio padre, ingegnere progettista di macchine utensili, mi teneva in braccio quando disegnava al tecnigrafo sui fogli lucidi), in loro vedo un simbolismo forte ed immediato, quasi primordiale.

Considero il titolo di un’opera ( e anche il sottotitolo, quando presente) come una sua parte integrante, sia prologo che appendice, capace di aggiungere ulteriore significato e contesto all'opera stessa. Mi piace che il titolo non venga tradotto, ma resti quello originario (in qualsiasi lingua l’abbia pensato in quel momento). La cosa che in questi anni ho trovato più gratificante è quando qualcuno osserva un mio quadro e gli dà un significato e una interpretazione propria, anche diversa dalla mia, ciò mi fa pensare che, forse, ho fatto qualcosa di buono.

Tendenzialmente non firmo le mie opere sul fronte, in modo visibile, ma normalmente lo faccio sul bordo della tela e/o sul retro. Nel mio pensiero, l'artista, deve sì rivendicare la paternità di ciò che ha creato, ma trovo giusto lasciare all'opera una "vita propria" indipendentemente dall’identità dell’autore, in modo che venga apprezzata per la sua essenza visiva e la sua qualità intrinseca (senza distrazioni o preconcetti).

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